Cosa fare quando un bambino dice: “Non sono capace”

da | Mar 22, 2023 | Life Coaching | 0 commenti

Come aiutare un bambino che non crede nelle sue capacità

Quante volte avete sentito vostro figlio ripetere questa frase:”Non sono capace“.

Un bambino/un ragazzo che dice “non sono capace” va innanzitutto rassicurato e consolato.

In quel momento si sta buttando giù, vuoi perché sta toccando un suo limite oggettivo di capacità, vuoi perché sta sottovalutando le sue possibilità reali, in quel momento la sua autostima è bassa.

Cominciamo a rialzarla, e poi si vedrà come è più opportuno procedere.

Lui si sta definendo in base a dei non. “Non sono capace” con tutto ciò che questo concetto implica a proposito di tante altre cose che “non è”.

Quindi cominciamo a ribaltare questo punto di vista deprimente, ridefinendolo in base a ciò “che è”.

Può sembrare sdolcinato, ma è così semplice ed efficace: questo è il momento giusto per fare un rapido sunto di tutte le cose che sa fare, di cui è capace.

Si tratta di una semplice operazione di riequilibrio e se vogliamo anche di ridimensionamento del problema.

In questo momento il bambino sta vedendo una sola faccia della realtà: quella di tutte le sue incapacità.

Facendogli notare anche l’altra faccia della realtà, che pure esiste, e cioè quella di tutte le sue capacità, cominciamo a dare al problema delle proporzioni più realistiche, anche da un punto di vista emotivo.

Infatti, questo pronto intervento deve avere caratteristiche emotive, non logiche e razionali.

Voglio dire che non si tratta di spiegargli razionalmente che sa fare tante altre cose e che non saper fare questa non è poi la fine del mondo: un discorso così lo farebbe solo arrabbiare ancora di più.

Per questa prima fase basta qualche minuto!

Sono sufficienti un abbraccio caldo e accogliente, una bella coccola e due parole giuste e poi si può fare qualcosa di più specifico a seconda del vero problema che quel “non sono capace” può implicare.


Esempi pratici

PRIMO ESEMPIO

Fabio è un bambino molto indipendente, a cui preme riuscire a fare le cose da solo. E di solito ci riesce! Questa volta però non ce l’ha fatta ed è questo che ha provocato la sua scena di collera. Anche le sue lacrime sono all’inizio di rabbia, e poi di dispiacere per un fallimento, una soddisfazione sfumata, una nuova conquista non riuscita…

La mamma ha fatto benissimo a non intervenire in aiuto durante i tentativi perché effettivamente, nella logica di Fabio, questa sarebbe suonata come un’offesa… una mancanza di fiducia nella sua possibilità di riuscirci. E ha fatto altrettanto bene a non intervenire durante la scena di rabbia.

Sfogarsi è giusto per il bambino; bloccarlo invece sarebbe sbagliato, anche se la sua reazione è palesemente eccessiva. Finita la scenata, quando la rabbia lascia il posto al dispiacere, si può passare al primo rassicurante intervento che, probabilmente, Fabio accoglierà con ben poco entusiasmo, perché a lui non interessa tutto quello che sa fare, a lui importa solo di non essere riuscito a fare “questa cosa”.

Ma comunque, per poco che ascolti, è sempre un intervento utile, proprio perché comincia a ridare proporzioni adeguate al problema.

Poi si può parlare. Il problema di Fabio è che non sa perdere. Fabio deve imparare ad accettare qualche smacco come parte inevitabile della vita e della via dell’apprendere.

Deve imparare a tollerare questi piccoli insuccessi, senza farsene troppo ferire e senza mettere per questo in discussione tutto il suo valore personale, e anche a dare proporzione ai fallimenti, a reintegrarli come momenti di esperienza.

COSA FARE COME GENITORI in questo caso

Come GENITORI si può parlare con il bambino ma si può soprattutto dare esempio nelle mille piccole cose quotidiane di tolleranza e di accettazione degli errori.


SECONDO ESEMPIO

Michele è un bambino che “non ci prova neanche“, che “si dà per perso in partenza, anche se le cose che deve fare sono alla portata delle sue capacità.

In questo caso la fase “pronto intervento” può essere più prolungata e deve far parte di un’operazione costante di sostegno all’autostima.

A Michele vanno sempre sottolineati i successi, tutti, di qualunque tipo, e va sempre rassicurato negli insuccessi, dando al fatto la minore rilevanza possibile.

E’ un lavoro a lungo termine, che va proseguito con pazienza, finché il bambino perde del tutto questa abitudine a “sottovalutarsi”.

Dopo il sostegno iniziale e la rassicurazione sulle sue capacità, che un bambino sensibile come Michele, a differenza di Fabio, accoglierà invece con molto più piacere e palese gratitudine, nella fase successiva di intervento vale la pena di insistere un po’.

Non con freddi ordini, ma con una calda e decisa sollecitazione a provare…

Se non fa neppure un tentativo, non avrà mai neanche le conferme di sapere e poter fare ciò che desidera!

Quello che deve scoprire è il gusto di cimentarsi in nuove conquiste, occorre che si smuova da quell’atteggiamento rinunciatario, cominciando a buttarsi nella vita e nelle esperienze.

Ovviamente, anche lui ha bisogno di superare la paura di sbagliare, altrimenti non si muoverà mai, ma soprattutto di essere stimolato a provare.

COSA FARE COME GENITORI in questo caso

Come GENITORI, con Michele può essere utile che vi offriate di provare insieme, almeno all’inizio, perché questo può risultargli rassicurante e di stimolo. Poi, piano piano, si può abituarlo a prendere il volo da solo, ma questo verrà dopo

Con questo tipo di bambini conviene usare molto tatto, delicatezza e dolcezza perché sono molto sensibili e un intervento troppo brusco o autoritario può anche sortire un effetto sul momento, ma alla lunga peggiora solo le cose.

Hanno soprattutto bisogno di sperimentare il gusto, il piacere di provarci. Questa sarà, alla fine, la principale motivazione.

Quindi, questi bambini, richiedono ai genitori un non facile equilibrio tra dolcezza e fermezza, e sicuramente un bel po’ di pazienza di perseveranza!

D’altra parte ne vale proprio la pena perché se riuscite a trasmettergli questo gusto di buttarsi nella vita, risulterà poi, con con ogni probabilità, un ragazzo contemporaneamente sensibile ed entusiasta, gentile e attivo.


TERZO ESEMPIO

Foto di Freepik

Filippo si sta scontrando con un problema oggettivo.

È stanco di provare e riprovare e si mette a piangere esasperato. E’ certo che occorre perseveranza per imparare a fare qualunque cosa, ma perché l’apprendimento resti un piacere e un’esperienza eccitante, occorre anche prenderlo a piccole dosi.

Filippo è il meno problematico dei tre casi presi per esempio; deve solo imparare a dosare gli sforzi, capire quando il momento di smettere e a non dubitare di se stesso se il risultato non arriva in fretta quanto desidererebbe.

La cocciutaggine non è il modo migliore di affrontare le cose: una serena pazienza dà più risultati.

Bisogna anche saper cedere al momento, senza per questo rinunciare o sentirsi degli incapaci.

COSA FARE COME GENITORI in questo caso

Come GENITORI, il comportamento più adeguato è proprio quello di consolarlo, di fargli notare quanto ha prodotto in quella giornata, rassicurarlo che i suoi sforzi non sono stati inutili…

Per oggi basta così, e si tratta di un successo, non di un fallimento, anche se la padronanza non è ancora del tutto acquisita. Domani farà un altro passo avanti.


Da “Come crescere un bambino sicuro di sé..e rafforzare la sua autostima” di Paola Santagostino – edizioni red!

Se questo argomento è di tuo interesse e senti l’esigenza, per te e/o per tuo figlio, di intraprendere un percorso di Life Coaching con me, associato alla Floriterapia, non esitare a contattarmi 🙂

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Roberta Sichi alla scrivania

Ciao! Sono Roberta, mamma, Floriterapeuta e Life Coach

Ho aperto questo sito perché desidero aiutare le mamme e i figli a vivere serenamente il loro rapporto e la loro vita, dal momento della gravidanza fino all’adolescenza, utilizzando tutti gli “strumenti” che ho appreso e sperimentato fino ad oggi sia come mamma che come Floriterapeuta e Life Coach.

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